Su quella fettuccia, a piedi, a 265 metri dal livello del mare abbiamo mostrato Messina al mondo.
Il funambolo estone ed un centinaio di tecnici hanno sudato sofferto, esultato, pianto, per un’ impresa che resterà nella storia. Hanno sottolineato quanto sia bella Torre Faro e quanto sia iconico quel pilone che va assolutamente recuperato.
Cento i tecnici addetti al montaggio delle varie attrezzature, una trentina i cameramen che ci hanno donato immagini meravigliose che hanno proiettato l’ immagine di Messina in tutto il mondo. Si sono arrampicati notte e giorno. Di continuo. Hanno sudato sofferto, esultato, pianto, e soprattutto, hanno messo da parte le vertigini su un pilone che soltanto chi ha scalato capisce quanto possa far paura e quanto possa dare scariche adrenaliniche.
Accanto a Jaan Roose, il giovane funambolo estone, c’ era un piccolo esercito di eroi. Si vedevano dalla spiaggia come formichine arrampicarsi su quelle centinaia di scale arrugginite. Il cameramen palermitano che ha ripreso a spalle la caduta e la successiva ripresa del cammino sulla fettuccia ha avuto i nervi saldi quando ha dovuto inviare al mondo le immagini di un uomo che aveva battuto il suo record personale ma che non aveva battuto il record del mondo.
Jaan Roose è stato il primo uomo ad attraversare lo Stretto a piedi su una fettuccia, tre ore pazzesche a 265 metri dal livello del mare, loro, le formichine, i 100 uomini dello staff tecnico, sono eroiche allo stesso modo. Hanno preso parte ad un’ impresa che resterà nella storia. Hanno urlato al mondo che esiste Messina. Hanno sottolineato quanto sia bella Torre Faro e quanto sia iconico quel pilone che va assolutamente recuperato.
Oltre al mito di Scilla e Cariddi ora sullo Stretto c’ è quello di Jaan Roose e delle sue cento formidabili formichine.