Slow Food Messinese
Alla scoperta dell’oro dei Nebrodi.
Dall’ape nera alla minuta, i produttori slow food custodiscono l’autenticità del territorio messinese.
Tutelano rari e antichissimi olivi siciliani, proteggono api in via d’estinzione, manipolano il formaggio con strumenti antichi e tradizionali e allevano suini allo stato semibrado. Sono i produttori slow food, custodi dell’autentico patrimonio gastronomico messinese e di quella filosofia basata sul rispetto della materia prima, perché il “cibo lento” conserva e restituisce il sapore puro del territorio.
Ma quali sono i presidi nel messinese e chi sono i custodi di questo patrimonio culturale?
Zona di concentrazione delle eccellenze locali non poteva che essere il parco dei Nebrodi, la più grande area naturale protetta della Sicilia. E’ in questa zona incontaminata che realizzeremo il nostro itinerario slow alla scoperta di quattro prodotti che costituiscono l’oro delle Caronie.
Partiamo da un oro giallo:
Unico nel suo genere, dal sapore antico e prodotto dall’azienda “Emanumiele” di Giacomo Emanuele, a Galati Mamertino: il miele di ape nera.
Un’eccellenza derivante, da un lato, dalle caratteristiche intrinseche del prodotto, estratto a freddo, non trattato, ricco di antiossidanti e contenente tredici sostanze antibatteriche e quattro antifungine (queste ultime mai riscontrate in altri mieli); dall’altro, dal fatto che rappresenta un baluardo contro l’estinzione dell’ape nera sicula (Apis mellifera siciliana) che dopo aver popolato per millenni la Sicilia ha rischiato la scomparsa negli anni ’70 quando s’iniziarono a importare api ligustiche dall’Italia settentrionale.
L’azienda “Emanumiele” ha accolto e portato avanti il progetto di reintroduzione della razza in Sicilia.
Il viaggio tra i Nebrodi continua alla scoperta di un’altra rarità, un oro verde:
La minuta. Quest’antichissimo olivo siciliano vede tra i suoi esemplari alcuni ultracentenari ancora produttivi e trova in quest’area una nicchia ecologica ideale per il suo sviluppo.
Quasi assente nel resto della Sicilia, è una delle tre cultivar principali della Dop Valdemone, assieme alla santagatese e all’ogliarola messinese, ma rispetto a queste è più resistente e coltivata a quota maggiore.
Tappa obbligata è, dunque, il “Frantoio Oleario”dei Fratelli Bontempo, tra i 5 produttori del presidio Slow Food impegnato a salvaguardare una produzione dalla bassa resa e dai costi elevati.
Il risultato finale ripaga però i tanti sacrifici: un olio fruttato e dal gusto persistente che può presentare anche delle sensazioni floreali, caratteristica che vantano solo pochi altri oli siciliani. Presenta, inoltre, una bassissima acidità e conserva ottime qualità nutrizionali, con un’alta componente in ortofenoli e una cospicua concentrazione di vitamina E.
E se scienza vuole che “l’oro bianco non esiste”?
Forse è il caso di guardare alla provola dei Nebrodi, definita dalla fondazione Slow Food un “naturale micro ecosistema culturale che contiene la globalità del territorio: uomo, animale, pianta e suolo, grazie al pascolo endemico, una popolazione bovina principalmente autoctona e la tradizionale tecnica casearia”. Una delle caratteristiche di questo prodotto, infatti, è quella di esser manipolato a lungo prima della filatura, con una tecnica simile a quella usata per impastare il pane.
Unica provola a subire un processo di stagionatura, è famosa anche per la sua dimensione, che può raggiungere i 5 kg, e conosciuta come “Provola Sfoglia” in quanto trascorso l’anno la pasta caseosa inizia a fessurarsi, distaccandosi ed evidenziando la struttura lamellare. Tra i produttori slow, l’azienda “La Paisanella di Sebastiano Agostino Ninone” a Mirto, dove accanto alla provole Slow, troviamo l’ultima eccellenza di questo itinerario: il suino nero dei Nebrodi.
Puro oro nero:
La mandria di Agostino Ninone è allevata en plein-air, allo stato semibrado, come da disciplinare Slow Food.
Un Presidio necessario dato che il numero dei capi appartenenti a questa razza ha isto negli ultimi anni un calo costante.
“L’estinzione di questa razza suina (una delle poche sopravvissute in Italia) – si legge ancora sul sito della fondazione Slow Food – costituirebbe una grave perdita per il patrimonio genetico, ma anche e soprattutto per l’economia locale e per il piacere gastronomico”.
Il nero dei Nebrodi, infatti, offre carni di altissima qualità, con un sapore raro perché antico e autoctono. Puro oro nero.