Maldive: Alcool free tra tè, frutta, pesce e tradizioni millenarie
Le onde dell’Oceano Indiano entrano subito in sintonia con il visitatore che vive, per la prima volta, l’esperienza degli atolli selvaggi nell’arcipelago delle Maldive. È uno sciabordio costante, ritmato come un sound che arriva nel profondo dell’anima, accompagnato dal costante soffiare del vento sotto il cocente sole di dicembre. Basterebbe questo per catapultare il karma nella dimensione del sogno, che annulla il passato e spiana un ancestrale presente, fatto di candide spiagge di sabbia finissima e stili di vita che annullano del tutto la percezione occidentale del benessere. È forse l’intimismo della vicina India o l’Islam prorompente che caratterizza ogni cosa, ma in quella dimensione crollano le certezze di sempre e si aprono orizzonti nuovi. Ancora una volta, è la cucina il paradigma dell’evanescente realtà che, più che compresa, va accettata e vissuta come un’esperienza figlia di millenni di cultura a noi sconosciuta.
Su tutto impera il divieto musulmano di fare uso di alcool, una norma che, dopo pochi giorni d’obbligata osservanza, muta del tutto il gusto e le sensazioni del bere e mangiare. Il tè verde, ma anche il tè bancha o gli altri infusi dai mille aromi, creano emozioni profonde e sempre diverse, accompagnando cibi speziati a base di riso basmati, pesce, carni bianche e, soprattutto, frutta.
È, infatti, la frutta la regina della tavola, servita in tutte le isole dell’arcipelago in colorati chioschi che fungono da bar, ristoranti, luoghi di ritrovo e di musica. Attorno a loro pulsa la vita dell’intero sistema dell’accoglienza turistica, che si adatta all’anima antica dei luoghi, ben lontana dall’idea di creare un’offerta appetibile che possa incontrare il gusto occidentale. Sono, invece, i turisti ad adattarsi ai luoghi che li ospitano, accettando, primo tra tutti, il fatto di non avere vino a tavola, di non poter concludere la cena con un rum d’annata, avendo rinunciato, prima ancora, all’aperitivo a base di prosecco o Martini.
Ma le emozioni, la scienza ci insegna, sono figlie della percezione. Così, in un contesto tanto rarefatto, in cui natura, cultura e costumi sono in stabile e perenne equilibrio, appare ovvio, quasi scontato, pasteggiare con il tè, affrontare il rito dell’aperitivo con un moito senza rum ( buonissimo ndr) o un succo di mango. Oppure “far fuori” a pranzo una montagna di frutta esotica, i cui irripetibili profumi e sapori suscitano ancestrali sensazioni. Il tutto, mentre all’orizzonte, restano tristemente all’ancora le navi bar, (dove è possibile bere alcolici) raggiungibili solo con veloci e potenti motoscafi. Anche se in molti preferiscono ignorarle, restando seduti ai tavoli dei chioschi sulla spiaggia, godendosi un succo di frutta, il chiaro di luna, e, magari, una lunga e voluttuosa fumata dal narghilè.