“Era tra i pochi a sapere perchè il re si era rifiutato di firmare lo stadio d’assedio per fermare il fascismo e la marcia su Roma”. Il volume sarà presentato a Milazzo al Giardino letterario di Villa Vaccarino venerdì 9 agosto alle 21
Marcello Saija, storico messinese, ha ricostruito la storia di una morte considerata naturale che naturale non era. Quella del messinese Luigi Fulci che secondo le carte e le testimonianze della storia ritrovate in archivi e in carte dei parenti, fu un assassinio di Stato.
Il libro edito da Ribettino sarà presentato nell’ambito del cosiddetto Giardino letterario a Villa Vaccarino di Milazzo venerdì 9 agosto alle 21. Parteciperanno, tra gli altri, Mario Calogero, direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Messina, Gaetano Silvestri presidente emerito della Corte costituzionale, lo storico Federico Martino, Marie Sol Fulci, Ludovico Fulci e l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci . Introdurrà i lavori l’assessore alla Cultura del Comune di Milazzo Francesco Alesci.
Il sospetto che Luigi Fulci, Ministro dell’ultimo Gabinetto Facta, non fosse morto per cause naturali c’era da sempre. Era, però, azzardato pensare all’omicidio senza ragionevoli prove. E così, per più di ottanta anni la sua morte era rimasta avvolta nella verità che gli aveva confezionato il fascismo. Grazie all’esecuzione di nuovi esami sulla salma la conferma.
“Oggi finalmente- scrive l’autore- sappiamo che Luigi Fulci non è morto di malaria perniciosa ma è stato ucciso dalla polizia fascista con una strategia a lungo studiata ed accuratamente eseguita da professionisti del crimine. Sul perché, il libro fornisce una risposta che travalica lo schema razionale della persecuzione agli antifascisti. Fulci non è soltanto uno che disprezza il fascismo e lo combatte con le armi tradizionali. Per cause fortuite, a partire da quel fatidico 28 ottobre 1922, si trova nella singolare situazione di chi, in possesso di strumenti per tenere sotto scacco l’establishment, non ha alcuna remora a farlo. Ma i fascisti si stancano presto di giocare e quando si accorgono che la nascente OVRA non è all’altezza dei compiti che si prefigge, decidono di sopprimerlo, certo per odio, ma anche per un prosaico calcolo costi/benefici”.
Lo sceneggiatore racconta il suo amore (non corrisposto) per la storica panetteria romana. Ecco perché la sindrome del cliente masochista ci riguarda tutti