La storia dell’ eroe “disobbediente” messinese Salvatore Todaro alla Mostra del Cinema di Venezia
Interpretato dall’attore Pierfrancesco Favino il sommergibilista che decise di salvare nemici naufraghi: “Perchè noi siamo italiani, gli altri non hanno duemila anni di civiltà sulle spalle”
Si è conclusa la 80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con “Il Comandante”, pellicola che ha debuttato all’apertura della kermesse e che ha fatto titolare quasi tutte le recensioni apparse sui giornali, con la identificazione del leggendario ufficiale come l’eroe “disobbediente” messinese.
Non fu certo disubbidienza quella del sommergibilista Salvatore Todaro, impersonato dall’attore Pierfrancesco Favino, che decise di salvare nemici naufraghi; per il gesto che contravveniva a ogni regola e direttiva di sicurezza, giustificata con un’affermazione divenuta leggenda: «Perché noi siamo italiani».
Il film che segue le orme dell’omonimo libro di Sandro Veronesi e Edoardo De Angelis ripropone la vicenda bellica e umana di Todaro con la chiave di lettura di quella frase “Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”. Un apocrifo che fu riportato da Antonio Trizzino autore del bestseller “Navi e Poltrone” del 1952 per i tipi di Longanesi e che dieci anni dopo pubblicò “Sopra di noi l’Oceano” in cui compare la frase su Todaro. Più certi i riferimenti di Armando Boscolo compagno di scuola di Todaro nella frazione veneziana di Sottomarina, che nel 1970 pubblicò “Il corsaro degli abissi” per l’editore Effepi con diverse testimonianze di sottoposti e colleghi dell’eroe.
L’umanità di Todaro verrà comunque ribadita in altre occasioni e altre frasi, come quella dell’8 giugno 1941 in cui dirà che “Il marinaio italiano combatte contro le navi nemiche e non contro gli uomini“.
Certamente ci furono divergenze con l’Ammiraglio Dönitz non tanto su questioni come quelle sull’uso del cannone di bordo a posto dei siluri, ma su quale aree dell’Atlantico destinate ai sommergibili italiani. Todaro, capitano di corvetta della Marina militare italiana, eroe della seconda guerra mondiale perì nel dicembre del 1942, durante il rientro dalle operazioni “BO.G.1” e “Beta”, dirette contro l’aeroporto ed il porto di Bona, a La Galite (Tunisi), nel mitragliamento aereo della nave appoggio Cefalo, sulla quale si trovava imbarcato.
La sintesi dello spirito e dell’animo dell’eroe messinese è contenuta in quel radiotelegramma che fece trasmettere dal sommergibile Cappellini: “Sedici ottobre 1940 ho affondato il piroscafo belga Kabalo ho sbarcato i naufraghi a Santa Maria delle Azzorre”.
L’episodio del Cappellini, è legato al periodo in cui Todaro, operava alle dipendenze di Betasom dalla Base Atlantica di Bordeaux per bloccare le rotte marittime tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. È una della tante storie legate al comandante messinese, ma è quella che lo consacrò “eroe” non soltanto in Italia. Al largo dell’isola di Madera, il piroscafo Kabalo, di 5186 tonnellate, unità dispersa del convoglio Alleato QB223, subì l’attacco con il cannone di superficie del sommergibile Cappellini e la nave in fiamme fu rapidamente abbandonata dall’equipaggio.
Todaro si occupò dei naufraghi; ne raccolse cinque, ultimi ad aver abbandonato la nave, e poi, rintracciò una delle due scialuppe di salvataggio con a bordo ventuno marinai; ne trasbordò a bordo due gravemente feriti, andando alla ricerca della seconda scialuppa. Appreso dalla radio che la seconda imbarcazione era stata trovata dal piroscafo Panama, invertì la rotta e, tornato sul punto ove aveva lasciato la prima scialuppa, la rimorchiò nella speranza di incontrare una nave neutrale. Dopo la rottura del cavo di rimorchio e successivamente della stessa scialuppa, Todaro decise di imbarcare tutti i naufraghi e di far rotta per l’isola di Santa Maria delle Azzorre, raggiunta all’alba del 19 ottobre. Quel generoso comportamento sembra non venne apprezzato dal comandante in capo dei sommergibilisti tedeschi, l’ammiraglio Karl Dönitz, che commentò “mai un comandante tedesco avrebbe anteposto la sorte dei naufraghi allo svolgimento della sua missione bellica”; Todaro gli rispose con quelle parole ormai storiche per la Marina italiana e non solo: “Un comandante tedesco non ha, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”.
Ma della vicenda di quel salvataggio non si ebbe un’immediata diffusione pubblica e anche in Marina l’episodio fu presto dimenticato o del tutto ignorato. Solo dopo 10 anni venne alla luce, quando La Gazette de Bruxelles pubblicò un minuzioso racconto del tenente Gaudron e le testimonianze di altri superstiti del Kabalo che, a conoscenza della morte del comandante Todaro durante la guerra, vollero onorarlo con quella narrazione. La storia ebbe allora la giusta risonanza e in seguito una ignota signora portoghese indirizzò alla Marina italiana una lettera con le parole: “Fortunata la Nazione che ha figli come questo. C’è un eroismo barbaro, ma ce ne è un altro davanti al quale le anime si inginocchiano: il suo. Siate benedetto per la vostra bontà, che fa di voi un eroe non solo dell’Italia, ma dell’umanità”.
La figura del comandante Todaro, decorato delle Medaglie d’Oro al Valor Militare, d’Argento al Valore Militare, d’Argento al Valore Militare “sul campo” e di Bronzo al Valore Militare, sarà conosciuta dal grosso pubblico, grazie ai 120 minuti del film in distribuzione nelle sale italiane a partire dal 1º novembre e che lascerà il segno al box office italiano.