Il rapporto dell’istituto Tagliacarne per la Consulta della Camera Di Commercio di Messina
E’ l’economia legata al mare, quindi al diporto, al turismo, alla ristorazione, e alla cantieristica, a produrre ricchezza in provincia di Messina. Questo almeno sino all’arrivo della pandemia che ha messo in crisi interi asset della filiera mare. E’ quanto emerge dal dossier approntato dall’Istituto Tagliacarne per conto della Consulta del mare istituita alla Camera di Commercio. La provincia di Messina è la 17esima tra le province italiane per incidenza delle imprese dell’economia del mare sul totale dell’economia. Lo studio è stato commissionato dall’Ente camerale, presieduto da Ivo Blandina al Centro studi delle Camere di commercio “Guglielmo Tagliacarne”, ed è stato presentato nell’ambito della terza riunione della Consulta marittima “Consolato del mare”. Esplorando la composizione per settore, spicca la forte vocazione turistica della provincia di Messina e quindi il ruolo delle attività connesse al comparto del turismo in senso ampio. Quasi 50 imprese su 100 della Blue Economy della provincia di Messina appartengono ai servizi di alloggio e ristorazione (il 46,0%; 1.953 unità) e un altro 19,1% alle attività sportive e ricreative (812 unità), comparti che occupano un peso nell’ambito della Blue Economy locale superiore a quello rilevato mediamente a livello regionale (rispettivamente 42,6% e 17,2%) e nazionale (44,5% e 15,2%). Di rilievo anche la quota di imprese blu che opera nella filiera ittica, pari al 14,7% del totale, e nella cantieristica navale, pari al 10,9%. Seguono, a distanza, il comparto della movimentazione merci e passeggeri via mare (5,6%) e delle attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (3,0%). Si colloca all’ultimo posto, l’industria delle estrazioni marine, con poco più di 30 imprese (0,7% del totale imprese blu)
“L’analisi ha inteso approfondire la conoscenza di un settore importante per l’economia della provincia messinese – spiega il presidente della Camera di commercio, Ivo Blandina – con l’ultimo studio disponibile, riferito al 2018. Sono in corso di elaborazione il 2019 e il 2020. Sono dati che, da un lato, ci permettono di avere una fotografia sulla situazione preesistente alla pandemia e alle sue drammatiche conseguenze, e dall’altro, costituiscono un’importante base per iniziare a ragionare sull’impatto della blu economy nel nostro territorio e raccogliere, così, eventuali segnalazioni per trasformarle in idee e proposte concrete. Fino a questo momento, è mancata una visione unitaria del settore legata al mare: un obiettivo che la Consulta marittima intende perseguire sin dalla sua istituzione, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali».
Secondo la segretaria generale dell’Ente camerale, Paola Sabella, nel rapporto, si evidenzia come, al 31 dicembre 2018, le imprese dell’economia del mare registrate in provincia di Messina ammontino a 4.248 unità, rappresentando il 6,9% del totale imprese della provincia, e come il 50% circa delle imprese della Blue economy messinese appartenga al settore dei servizi di alloggio e ristorazione, mentre il 14,7% alla filiera ittica.
“Come si evince dall’analisi – afferma la segretaria generale – con le sue 4.248 imprese blu, Messina è l’ottava provincia in Italia per numero di imprese della Blue Economy. Nel 2018, l’economia del mare ha prodotto 46,7 miliardi di valore aggiunto, attivandone 87,8 miliardi nel resto dell’economia, per un ammontare produttivo complessivo pari a 134,5 miliardi di euro. In altre parole, ogni euro prodotto dalla blue economy ne ha attivati 1,9 nel resto dell’economia. Nello stesso anno, nella provincia di Messina, la filiera del mare nel suo complesso ha prodotto un valore aggiunto pari a 805 milioni di euro, il 7,9% del totale economia, attivando quasi 1,6 miliardi di euro di ricchezza nel resto dell’economia e assommando, dunque, un totale produttivo di quasi 2,6 miliardi di euro: il 23,1% del valore aggiunto prodotto dall’intera economia messinese».
Gli 805 milioni di euro di valore aggiunto prodotti dall’economia del mare nel territorio messinese sono stati realizzati dall’attività dei 19,8 mila occupati nell’intero comparto, che incidono per il 9,9% sul totale dell’occupazione del Paese.
Il contributo della provincia alla produzione del valore aggiunto complessivo regionale è pari al 18,7%, secondo solo a quello di Palermo (28,6%). Analogo il discorso riferibile agli occupati siciliani nella blu economy: il 16,8% di essi lavora a Messina; il 24,9% a Palermo».
Un’altra curiosità: Il 23,8% delle imprese della Blue Economy della provincia di Messina sono guidate da donne12. Un tasso di femminilizzazione, quello registrato dalla provincia siciliana, più elevato non soltanto rispetto a quello del sistema imprenditoriale locale nel suo complesso (23,4%), ma anche rispetto alle imprese blu a livello nazionale (tasso di femminilizzazione pari al 21,3%). Delle 1.011 imprese femminili presenti nell’economia del mare in provincia, quasi l’80% opera nei comparti di servizi di alloggio e ristorazione (il 54,9%) e delle attività sportive e ricreative (il 22,9%), che si contraddistinguono per tassi di femminilizzazione che sfiorano il 30% (rispettivamente, il 28,4% ed il 28,5%).
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