“Il gusto è una forma di sapere, non banalizziamo” Lo chef scienziato Miguel Sanchez interviene all’Università di Messina
Ospite al congresso della società italiana di rinologia lo specialista in neurofisiologia clinica, ha abbandonato da tempo il camice da medico per indossare la giacca da chef. Romera fonde nella sua cucina i principi della neurofisiologia e sulla cucina dei sensi quale esperienza sinestetica che parte proprio dall’approccio olfattivo
“Nella gastronomia si banalizza molto” è l’inizio, da scienziato, dello chef Miguel Sanchez Romera, ieri pomeriggio intervenuto nell’aula magna del rettorato di Messina.
Neurologo, specialista in neurofisiologia clinica, ha abbandonato da tempo il camice da medico per indossare la giacca da chef.
Romera fonde nella sua cucina i principi della neurofisiologia con quelli della cucina al suo Esguard il ristorante Michelin a Sant Andreu Llavaneres (Barcellona, Spagna).
La sua “cocina de los sentidos”( cucina dei sensi ) è stata oggetto di dibattito al “Congresso Nazionale della Società Italiana di Rinologia” in città sino al prossimo sei ottobre.
“Il gusto è una forma di sapere”, ha detto lo chef mettendo in relazione l’olfatto con il sistema neurovegetativo, esaltando il ruolo primario del senso nell’esperienza gastronomica. L’olfatto infatti è il primo organo di senso coinvolto nell’esperienza gastronomica ( erroneamente ed istintivamente si pensa piuttosto alla vista) da qui la grande capacità “discriminatoria” di aiutare l’essere umano negli approcci quotidiani con il mondo.
Romera, nato in Argentina, studioso di belle arti, oltre che di medicina, considera la cucina come uno spazio sinestetico dove sentimenti, sapori, emozioni si fondono insieme dopo l’accesso ai canali di senso, in primis l’olfattivo.
Si sofferma sulle differenze tra il gusto che deriva dalla percezione dei fondamentali: amaro, acido, dolce, salato, dal sapore che si combina con le altre percezioni sensoriali (temperatura, consistenza, esperienza tattile …).
Al centro del suo intervento gli “errori concettuali” troppo spesso ricorrenti nell’approccio culinario che, privo di salde conoscenze scientifiche, si basa sovente sulla estemporaneità.