Gourmet ad alta quota: quando volare fa rima con degustare.
Le compagnie annunciano grandi novità nella selezione di proposte di alta cucina, vegetariane, vegane e menu speciali per celiaci ed intolleranti. La limitazione più penalizzante in volo è che a bordo degli aerei si propone un cibo già cotto, congelato, scongelato e riscaldato. La storia della ristorazione in volo ha già compiuto cento anni. C’è chi propose un menù con “coq au vin” il tipico galletto francese cotto nel vino rosso e insaporito con erbe aromatiche e verdure, bourguignonne di manzo e vitello tonnato.
Per l’estate 2022 si registrano alcuni segnali che fanno ben sperare per i viaggi e il traffico aereo. Nella prospettiva di tale ripresa l’obiettivo è migliorare l’appeal dei voli anche con un miglioramento dell’esperienze culinaria a bordo, come ha recentemente fatto Finnair offrendo il meglio dei sapori nordici, con un tocco ispirato alla destinazione, e con menu serviti in piatti di porcellana disegnati da Harri Koskinen con l’iconico marchio finlandese Iittala.
Il cibo, oggi più che mai, è quindi protagonista nei servizi di bordo per il pasto principale o nel momento dello snack o del breakfast, a seconda dell’orario del volo. Per il recente Eurovision Song Contest, la compagnia aerea Vueling del Gruppo Lufthansa, unico vettore in Germania ad offrire patatine fritte in aereo, ha personalizzato un Airbus 320 con livrea a motivi musicali colorati e ha messo a punto uno speciale menu di bordo che riunisce diversi tipi di piatti e bevande provenienti dai paesi partecipanti al festival chiamato 12 points, dal punteggio più alto che durante Eurovision Song Contest può essere assegnato a ciascun paese tramite il televoto. L’offerta riunisce in un’unica box diversi tipi di piatti e bevande legati ai paesi partecipanti all’appuntamento musicale: Gin Fizz dal Regno Unito, Jamon Iberico dalla Spagna, cioccolatini dalla Grecia e cappuccino Lavazza dall’Italia.
Ma le compagnie annunciano grandi novità nella selezione di proposte vegetariane, tra cui l’insalata di quinoa con ceci e menta, oltre che vegane, come la salsa di peperoncino rosso arrostito, i cracker al rosmarino, le olive verdi condite, l’hummus e i baklava. A bordo degli aeromobili Vueling anche opzioni per celiaci con una vasta gamma di prodotti senza glutine, con proposte di dolci come biscotti vegani con doppio cioccolato, nocciola e banana e vegan-brownies al cioccolato. Infine uno speciale menu per bambini con uno spuntino biologico a base di fragole e banane, senza zucchero o sale aggiunti.
La limitazione più penalizzante in volo è che a bordo degli aerei si propone un cibo già cotto, congelato, scongelato e riscaldato nel forno ad aria, che non aiuta ad esaltarne il sapore e che limita le proposte gastronomiche che i passeggeri finiscono per subire con un rapporto di amore-odio. Preparati da servizi di catering delle compagnie aeree, i pasti variano ampiamente dal semplice spuntino e bevanda in classe economica per voli a corto raggio, a un pasto gourmet di sette portate in un volo di prima classe e con maggior durata.
Durante un volo di linea da Roma a New York, che può durare 10 ore se diretto e 14 ore con uno scalo, si ha comunque la possibilità di un “food & beverage” anche con pasti da gourmet come quelli che un tempo erano serviti a bordo da Alitalia, che per nove anni consecutivi hanno valso alla storica compagnia di bandiera italiana, il titolo di “Best airline cuisine”.
La storia della ristorazione in alta quota ha già superato i cento anni; l’undici ottobre 1919 furono serviti infatti i primi pasti in volo da Handley Page Transport, una compagnia aerea attiva sulla rotta Londra-Parigi Handley-Page che per tre scellini, dava ai passeggeri la possibilità di acquistare un pranzo preconfezionato con sandwich e frutta.
La sua trasformazione è associata alla stessa storia del volo, dalla prima bottiglia di champagne in mongolfiera, ai voli degli anni venti con insalate di pollo e panini freddi, fino alla cucina gourmet che fece la sua apparizione solo negli anni sessanta, quando divenne un valore aggiunto per le compagnie di bandiera. I menu per i passeggeri in business o in prima classe fino agli anni ottanta, non erano pasti già preparati, ma piatti serviti da chef; si beveva champagne, si mangiava caviale, salmone e salsicce. Poi la domanda di rito divenne, Chicken or beef? Pollo o manzo, come possibilità di scelta offerta dalla hostess per il menù da consumare in un piccolo vassoio con cibi preconfezionati.
La tendenza di oggi superata la fase pandemica, con il marcato desiderio a viaggiare meglio e di più, è quella di tornare a dare lustro al servizio e alle pietanze, con piatti di ceramica e ricette più appetitose, reinterpretando l’indicazione che cinquantotto anni fa, fece lo chef francese tre stelle Michelin, Raymond Oliver, dopo aver pubblicato nel 1973, La cucina: la sua tecnica, i suoi segreti, proponendo ai passeggeri della compagnia francese UTA (Union de Transports Aériens), un menù con coq au vin, il tipico galletto francese cotto nel vino rosso e insaporito con erbe aromatiche e verdure, bourguignonne di manzo e vitello tonnato, aggiungendo alle ricette, maggior sale, zucchero e grassi. Olivier aveva intuito che per la cucina aerea c’era bisogno di più sapore e di più salsa secondo il motto “the wetter, the better” – più è umido, meglio è – per rispondere all’esigenza organolettica di avere in volo un piatto più bilanciato, tanto nel gusto come nella vista, fattori che influenzano il sapore ad alta quota.