È l’ora del Metaverso: tante emozioni ma non senza pericoli.
La frammentazione dell’identità individuale dipende anche dal potere della tecnologia nel mondo moderno. Tantissime persone vivono realtà parallele e virtuali, sfruttando anche profili falsi sui social, e dipendono quotidianamente dagli strumenti tecnologici.
Non si parla d’altro da quando Mark Zuckeberg ha deciso di dare una nuova veste alla holding che controlla le piattaforme più famose e utilizzate al mondo Facebook, Messenger, Instagram e Whatsapp: il Metaverso.
Un mondo virtuale in cui diventa sempre più difficile distinguere la realtà dall’irrealtà.
Sempre più spesso le aziende investono in Nft, isole virtuali o quadrati digitali. Non si tratta solo di un nuovo modo di comunicare, ma quello che si sta sviluppando è soprattutto un nuovo modo di fare marketing. Bisogna investire in tutto quello che può far aumentare i guadagni economici.
Una prospettiva del tutto nuova che ci permetterà di salutare gli avatar dei nostri colleghi muovendo il nostro alter ego digitale in un ufficio virtuale usando un joypad, mentre nella realtà siamo sul divano di casa nostra.
Ci sono le prime vittime reali, con danni anche fisici, provocati da un mondo virtuale. Il Wall Street Journal, come altri giornali americani, ha iniziato a raccogliere i primi dati che non sono affatto confortanti. Infatti, gli appassionati di videogiochi iniziano a soffrire della “Gorilla arm syndrome” (dolori articolari provocati dal numero di ore trascorse a braccia alzate). Non si contano i casi di clavicole slogate, di chi ha distrutto i mobili di casa e si è ferito in salotto, colpendo gli oggetti durante i giochi virtuali.
Non mancano i casi di violenza che avvengono in questo universo parallelo, denunciate da donne che sono state molestate nel Metaverso.
Zuckeberg non è l’unico a puntare ad una realtà parallela e virtuale, ma anche Google e Apple. Molto presto riusciranno ad inventare qualche nuovo sistema che ci farà sentire la sensazione di essere al mare, seduti davanti al nostro pc.
Grazie al Metaverso riusciamo ad andare in bicicletta, pensando di trovarci tra le montagne dell’Oregon e invece siamo nella nostra stanza da letto. Tutte le società informatiche si stanno muovendo per creare degli spazi virtuali che ci facciano sentire a nostro agio più di quelli reali. Tra non molto decideremo di non andare più al mare, perché sentiremo il rumore delle onde e ci sentiremo ai Caraibi.
Ormai, le tecnologie sono talmente entrate nelle nostre vite che non c’è atto della nostra giornata che non facciamo con lo smartphone in mano o utilizzando un’applicazione che risolve ogni nostro problema.
Non credo che questo debba farci paura, ma si tratta di quel consumismo emozionale di cui tanto ha parlato il sociologo Zygmunt Bauman. Noi dobbiamo fare tutto quello che serve per vendere e far aumentare il bottino di queste società informatiche.
Queste piattaforme cattureranno sempre di più le nostre emozioni e sempre di più i nostri dati e noi ci sentiremo gratificati e a quel punto avremo la possibilità di sentirci vivi all’interno delle nostre stanze.
Il ruolo del giornalista è cambiato e deve fronteggiare l’emotivismo diffuso e la crisi di credibilità. Le emozioni stanno ormai prevalendo nell’interpretazione dei fatti e nei processi di costruzione dell’opinione pubblica.
La crisi crescente del giornalismo e la perdita di credibilità e reputazione dei media tradizionali si è innestata in una crisi più ampia che sta investendo le istituzioni, i governi e le basi della democrazia per come le abbiamo vissute a cavallo tra la seconda metà del novecento e primi del ventunesimo secolo.
Ecco, perché è importante che anche il giornalista sappia muoversi nell’era del Metaverso.
La digitalizzazione come processo e la velocità con cui la tecnologia produce nuovi strumenti hanno fatto si che mai come in questa epoca storica siamo sommersi da una over-produzione di dati che devono essere decifrati, interpretati e compresi.
Il sociologo Bauman ha parlato molto spesso della società liquida e la tecnologia ha avuto un ruolo nel creare “liquidità”, generando la categoria delle persone “tecno liquide”.
La frammentazione dell’identità individuale dipende anche dal potere della tecnologia nel mondo moderno. Tantissime persone vivono realtà parallele e virtuali, sfruttando anche profili falsi sui social, e dipendono quotidianamente dagli strumenti tecnologici.
Tutti connessi e sempre più soli. Non sappiamo ancora quale sarà il prezzo da pagare per questo film di fantascienza, diventato pura realtà, in termini di “controllocrazia” e di relazioni sociali.
Il rischio è anche quello di diventare dei hikikomori. Il termine hikikomori arriva direttamente dal Giappone e vuol dire letteralmente “stare in disparte” e serve ad indicare quanti desiderano allontanarsi dalla vita sociale per molto tempo (da alcuni mesi fino ad arrivare a diversi anni), rinchiusi a casa, senza alcun rapporto con il mondo reale, in certe circostanze nemmeno con la propria famiglia. Il fenomeno ha raggiunto casi estremi e molto gravi ed ecco che in gioco la logica che è riconducibile al saper dosare l’so delle nuove tecnologie e al buon senso.
Ci sono pericoli che possono spezzare le vite dei nostri preadolescenti e adolescenti come ad esempio: le challenge (sfide estreme che vengono lanciate su diverse piattaforme), il cyberbullismo, il revenge porn, il sexting e il body shaming.
La vita reale è ben altra cosa ed è questo il messaggio che deve essere trasmesso ai nostri giovani che vanno guidati alla scoperta dei nuovi mezzi e strumenti di cui dispongono.
Noi adulti dobbiamo essere una guida per i nostri figli e non dobbiamo lasciarli soli. Hanno bisogno di essere incoraggiati e devono capire quanto sia importante il rispetto per se stessi, per gli altri e per la dignità umana. Coltivare l’intelletto e metterci all’ascolto del prossimo e del mondo che ci circonda per rendere questo mondo migliore.