Da Gesso agli USA: i siciliani che aprirono le porte dell’America
In un libro la storia della comunità messinese e del patrimonio siciliano che varcò l’oceano in cerca di fortuna.
L’integrazione degli italiani e in particolare dei siciliani negli Stati Uniti nei primi del novecento si deve a una piccola comunità provenente dalle colline messinesi di Gesso. Da quel piccolo centro emigrò più della metà della popolazione in cerca di fortuna. Fu proprio anche grazie a uno studio effettuata da una sociologa su mandato del Congresso che i siciliani vennero accettati e gli Stati Uniti non adottarono alcuna restrizione. Gli immigrati di Gesso non erano sporchi e neri come qualcuno andava blaterando ma erano abili raccoglitori e agricoltori e potevano dare un grosso contributo. E così fu. A raccontare questa storia, che ha stretti legami con Messina è un interessantissimo libro. Si tratta della traduzione, commentata, di quel rapporto voluto dal congresso statunitense e approntato dalla sociologa da Emily Fogg Meade “Gli immigrati Italiani in America”. A darlo alle stampe la Pungitopo editore, la traduttrice è Francesca La Maestra. Importanti il contributo e il patrocinio dell’associazione culturale Kiklos e del museo Cultura e musica popolare del peloritani di Gesso.
Illuminante l’introduzione dello storico Marcello Saija che proprio nei giorni scorsi ha dato alle stampe il primo numero della rivista “Studi storici Siciliani”, un trimestrale su cui scrivono gli storici più prestigiosi dell’isola. Interessante uno studio compreso nel volumetto affidato alla ricercatrice Federica Cordaro, docente del corso di laurea triennale in “Mediazione culturale e linguistica” che si tiene al Consorzio Universitario di Agrigento. In un dettagliato rapporto la Cordaro dà conto dei flussi di emigrazione da Gesso verso gli Stati Uniti, anno per anno tra il 1892 e il 1924. “Il lavoro della Meade– spiega Saija- ha il pregio di condurci per mano quasi naturalmente ad una riflessione sul nodo centrale della odierna questione migratoria. Emerge infatti, con forza, che, gli italiani, se posti in condizione di operare per il bene proprio e per quello del paese ospitante, forniscono una prova assolutamente convincente che riesce a spazzare via i tanti pregiudizi e i luoghi comuni che la letteratura ci tramanda. I nostri connazionali, si legge nel libro, sono stati un’opportunità per gli americani e hanno contribuito non poco a fare crescere il loro paese”.
Il lavoro della sociologa Meade ebbe diretta influenza, secondo lo storico, sui lavori della commissione federale per lo studio dell’immigrazione che il congresso insedia il 2 febbraio del 1907 presentando poi un rapporto al sessantunesimo congresso il 5 dicembre del 1910. “La commissione suggerì di operare un’equa distribuzione dei migranti sul territorio– spiega Saija- lo spostamento dai centri urbani alle campagne della manodopera avrebbe garantito l’espansione dell’industria. I migranti meridionali, come quelli di Gresso avrebbero dato all’America il vantaggio di trarre profitto del prezioso patrimonio di conoscenze agrarie di cui erano portatori”.
I concetti della Meade avevano prevalso. Il patrimonio genetico e professionale di Gesso aveva convinto. Quel rapporto, 85 anni dopo, fu ripubblicato dalla Hammonton Society e adesso è tradotto in italiano dalla Pungitopo.