Crisi ristoranti : è “sindrome della capanna”, non si esce più di casa.
Michael Whiteman, presidente della “Baum & Whiteman”, società newyorkese specializzata nella consulenza per il food and restaurant, prevede però una seconda metà del 2022 più redditizia per la ristorazione. Occorrerà andare incontro alle nuove abitudini del consumatore, desideroso di riscoprire prodotti antichi ma anche fusion creativo, per rispondere al bisogno di sicurezza e stabilità; ovvero consumare “comfort food” per compensare la frustrazione, la tristezza o lo stress.
Colpisce in questa stagione caratterizzata da mascherine, tamponi e vaccini, l’osservazione delle strade semideserte della città, vedere i ristoranti semivuoti, i negozi in cerca di clienti, l’anticipo serale del rientro nelle abitazioni. Gli esperti dicono che è aumentata la paura di uscire di casa, e l’aspettativa di una vita con diversa normalità, contraccolpo della pandemia che continua aseminare sfiducia ed innescare quella che gli analisti chiamano “sindrome della capanna”, deriva psicologica alle limitazioni e al lockdown. Terrore verso il mondo esterno, paura di ammalarsi, forse la convinzione di non ritrovare più il mondo di prima, hanno scoraggiato i più a recarsi al ristorante, o più semplicemente a non godere di quel rito di socializzazione del mangiare fuori, dell’esercizio di scoperta di nuovi piatti e arricchimento culturale di rapporto con il cibo.
La gente non esce più, e molti chiusi in casa hanno ormai l’abitudine di farsi consegnare la spesa a domicilio, rinunciando ai ristoranti, a una semplice pizza.
Secondo i dati della Fipe– Confcommercio, negli ultimi due anni, i consumi nella ristorazione sono calati per un importo di 56 miliardi di euro, con 45 mila imprese scomparse e 300 mila lavoratori che hanno perso il lavoro.
Con l’improvvisa ripresa dei contagi che ha compromesso anche lo scorso dicembre e influenzato gennaio, da sempre un mese negativo per la ristorazione, il settore dei pubblici esercizi è ripiombato nella piena emergenza. E se non bastasse con l’accelerazione della variante Omicron, i rincari dell’energia elettrica e delle materie prime, e l’incertezza sui flussi dei clienti, molti ristoratori hanno deciso di restare chiusi e gli effetti della pandemia e le conseguenti restrizioni, hanno nuovamente influito negativamente sul settore. Il saldo tra valutazioni positive e valutazioni negative sulla dinamica del fatturato dell’intero comparto, segna -48,4% e perde 35 punti nel confronto con il 2019. E la crisi colpisce la lunga filiera lavorativa dei ristoranti con cuochi, gestori e camerieri, ma anche fornitori, addetti alle pulizie, fioristi, social media manager e fotografi.
Una vetrina spenta, posti a sedere vuoti, cucine ferme è l’immagine del settore ristorativo piegato dallo shock pandemico, che la TNI Italia, l’associazione Tutela Nazionale Imprese, stima produrrà per le attività della ricettività e della ristorazione una perdita di fatturato di -20 per cento che si va a sommare al -40 per cento perso nel periodo delle festività di fine anno.
Michael Whiteman, considerato il “decano dei consulenti di ristoranti”, presidente della “Baum & Whiteman”, società newyorkese specializzata nella consulenza per il food and restaurant, prevede però una seconda metà del 2022 più redditizia per la ristorazione.
E lo si spera anche in Europa ed in Italia, coi tassi di vaccinazione più elevati ed una probabilerinnovata disponibilità dei consumatori, a cui dovrà corrispondere altrettanta “ apertura” dei ristoratori che dovranno adeguarsi a pasti all’aperto, al fenomeno degli “Early birds diner”, cioè di quei clienti che preferiranno anticipare i classici orari di pranzo e cena di maggior affluenza, per evitare situazioni di assembramento all’interno di un locale. Ma soprattutto occorrerà andare incontro alle nuove abitudini del consumatore, desideroso di riscoprire prodotti antichi ma anche fusion creativo, per rispondere al bisogno di sicurezza e stabilità; ovvero consumare “comfort food” per compensare la frustrazione, la tristezza o lo stress.
Una “ricetta” alla ricerca del tempo perduto, metafora che Marcel Proust racconta ad inizio del 900, in uno dei passi più celebri del suo Dalla parte di Swann, quando ricorda, le petites madeleine, preparate ogni domenica dalla zia Léonie e che lui mangiava da piccolo, intinte nel tè di tiglio. Il ricordo, cristallizzato, in apparenza inaccessibile, si svela nella sua energia e il passato diventa presente grazie a un profumo, ad un sapore che ripropone storie di cibi e di luoghi dimenticati. Come la fragranza dei soffici biscotti di Proust libera il ricordo dal suo nascondiglio, certe gustosità spezzano la dicotomia tra passato e presente e il tempo diventa uno solo.