Comunicare il food
La tavola s’identifica come luogo simbolico; spazio di comunicazione, sito fisico di scambio, comunione, spesso anche percezione della propria solitudine.
Cibarsi ritma il tempo, la giornata, la settimana lavorativa e il weekend; mangiare celebra i cicli della vita: la nascita, l’entrata nell’età adulta, l’epifania delle storie d’amore, e naturalmente la vecchia e le malattie.
Il cibo da sapienza alla vita, come ha più volte scritto nei suoi libri Enzo Bianchi, ex priore di Bose e a tavola, più di ogni altro contesto, nello scambio culinario, nella complicità del confronto affettivo e intellettuale, persino l’allestimento, diventa strumento di socializzazione.
“Convivio”, allora, “cum vivere”, vivere insieme, presuppone la condivisione dello spazio della tavola, ove il gesto nutrizionale è trasformato in momento di comunanza dal valore sociale, culturale e psicologico.
Un cibo sempre meno mangiato e sempre più fotografato, postato, onnipresente nei palinsesti televisivi, complice forse la neurograstronomia, come indica nel nuovo saggio, di Rosalia Cavalieri La passione del gusto. Ecco quindi che comunicare il food, comunicarlo bene, assume un ruolo fondamentale specie in una società in continua evoluzione verso un sistema globale ove spesso, il cibo si “connette” a apparenze che ne fanno dimenticare il gusto; quella passione del gusto che accende la vita emotiva, promuove la socialità, sollecita la conversazione, gratifica il nostro senso estetico e sinestetico.