Arriva “Threards” l’alternativa a Twitter. E’ anarchia comunicativa: dai venditori del nulla al vuoto relazionale e al predominio dell’io.
L’ app lanciata da Meta come alternativa a Twitter, ha già conquistato cento milioni di utenti e Elon Musk da del “cornuto a Mark Zuckerberg. Paradossalmente la mole sempre più grande di informazioni circolanti non tende a creare opportunità di costruzione di cultura, ma ha creato un consumismo/produzione «bulimico» delle stesse. Occorre una nuova media-education.
La mediatizzazione, l’avvento di Internet, la multimedialità hanno modificato, senza che ci rendessimo conto di ciò che stava avvenendo, il nostro modo di vivere, essere e comunicare.
L’arrivo nella società dei primi cellulari ha cambiato il nostro modo di comunicare e le nostre vite. Uno sguardo verso il futuro ci fa immaginare una realtà ancora più tecnologica.
L’utilizzo di tecnologie digitali sono ormai parti integranti del processo di costruzione sociale e identitaria e a dimostrarlo sono soprattutto i social network.
Tramite i social e tramite internet si può raccontare una storia, e se hai una storia da raccontare puoi trovare delle persone che hanno voglia di ascoltarla e di lasciarsi ispirare da quello che hai da dire.
I social sono il luogo della democratizzazione del privato e i fenomeni in atto ci mostrano come gli strateghi del marketing abbiano fatto proprio il concetto di crowdsourcing trasformandolo nella strategia dell’influenza.
Le grandi multinazionali dell’intrattenimento e della comunicazione e sono tese a fidelizzare e incentivare il consumo mediale degli adulti e dei giovani.
Una volta i più ricchi del mondo erano quelli che costruivano auto, aerei, navi o i titolari di grandi gruppi tessili. Oggi sono gli imprenditori a capo di Amazon, Google, Microsoft, Facebook-Instagram-WhatsApp.
E in queste ultime settimana Mark Zuckerberg, papà di Meta e in particolare di Facebook, Instagram e WhatsApp, ha lanciato Threads.
Threards è l’app lanciata da Meta come alternativa a Twitter. L’applicazione è apparsa sui servizi di Apple e Google ed è già disponibile negli Stati Uniti.
Il desiderio di Meta è abbastanza chiaro: “Threads è il luogo in cui le community si riuniscono per discutere di tutto, dagli argomenti che ti interessano oggi a ciò che sarà di tendenza domani. Qualunque cosa ti interessi, puoi seguire e connetterti direttamente con i tuoi creatori preferiti e altri che amano le stesse cose o creare un tuo fedele seguito per condividere le tue idee, opinioni e creatività con il mondo”.
In poco tempo ha conquistato 100 milioni di utenti, dato riportato da Quiver Quantitative. Mark Zuckerberg ha detto che questo successo è stato “molto al di sopra delle aspettative”.
Nel frattempo il traffico su Twitter è diminuito, ma vanta comunque 350 milioni di utenti. Threads ha fatto il suo ingresso in 100 paesi, ma non in Europa a causa delle politiche sulla privacy volute e imposte dall’UE.
Jennifer Lopez, Kim Kardashian e tante altre celebrità si sono già registrate per accedere alla piattaforma.
Elon Musk, fondatore di Twitter, si sente minacciato e ha già dichiarato la sua intenzione di citare in giudizio Meta. In questi giorni, Musk ha anche accusato Zuckerberg di aver utilizzato le sue informazioni e i suoi segreti commerciali.
Le somiglianze tra i due social sono evidenti e bisognerà capire se riuscirà ad ottenere ulteriori consensi. Certo, le modifiche che Musk ha apportato a Twitter non sono state gradite dagli utenti e questo Zuckerberg lo sa bene.
Il Ceo di Tesla e Space X non intende perdere questa sfida Infatti, ha provocato il rivale e lo ha definito “un cornuto” in un tweet.
Una competizione che dura da anni e questa volta potrebbe concludersi in tribunale. Twitter ha avvertito Meta della possibilità di citarla in giudizio per “appropriazione indebita sistematica, intenzionale e illegale dei segreti commerciali di Twitter”.
Intanto, una startup italiana, Gamindo, ha creato un videogioco “Musk VS Zuck” che vede i due miliardari combattere e in un articolo del Corriere della Sera, scritto da Alessandro Vinci, vengono spiegate le fasi della partita.
È chiaro che dietro a queste società che gestiscono i social ci sono imprenditori che hanno capito cosa piace alle persone. Un business straordinario, dove i grandi protagonisti diventano i big data, la gestione e lo sfruttamento dei dati personali del mondo connesso e iper-connesso.
Paradossalmente la mole sempre più grande di informazioni circolanti non tende a creare opportunità di costruzione di cultura, ma ha creato un consumismo/produzione «bulimico» delle stesse. Sembra attuarsi un percorso di propagazione passiva di contenuti, con gli individui sempre più vittime del “potere dolce” esercitato dagli algoritmi che indirizzano le nostre scelte.
Henry Jenkins propone una prospettiva all’interno della sua visione teorica incentrata sui processi tesi a realizzare una cultura partecipativa come risultato della governance positiva degli ambienti digitali.
In primis individua tre problemi che devono essere risolti come risposta a quello che definisce l’errore più macroscopico che si fa nei confronti dei giovani, ossia il lasciar fare, ritenendo che per il solo fatto di essere nati in epoca digitale abbiano gli strumenti d’interpretazione per affrontare questi nuovi ambienti: il participation gap, le diseguaglianze stanno aumentando così quelle di accesso alla tecnologia; il problema della trasparenza, in modo che i ragazzi siano in grado di riflettere su ciò che apprendono dalla tecnologia; la sfida etica, consentire ai ragazzi di sviluppare e acquisire norme etiche per fare fronte al nuovo ambiente sociale.
Solo risolvendo questi problemi si può realizzare una media education in grado di governare e comprendere la società digitalizzata.
Nuovi strumenti, nuovi prodotti e nuovi linguaggi che vanno analizzati e compresi. Dai venditori del nulla al vuoto relazionale e al predominio dell’io, all’eccessivo esercizio di libertà individuale che dà vita a quella che ho definito anarchia comunicativa, che fa ritenere che tutto sia permesso, che ciascuno sia arbitro assoluto di sé stesso e delle vite degli altri. Allora, serve una corretta educazione all’utilizzo delle nuove tecnologie ed è necessaria una formazione costante che coinvolga i giovani e gli adulti.