Messo a punto da Slow Food, il progetto si svolge nell’arco di tre anni e prevede l’impiego di 60 minori stranieri come “mediatori gastronomici” da inserire nelle aziende.
Una speranza di futuro per giovani migranti viene dal cibo. Loro i protagonisti arrivano dal Benin e dal Mali, dal Pakistan, dal Senegal e dal Maghreb, hanno tra i 17 e i 19 anni, il bagaglio pesante di chi ne ha già viste tante e la luce di chi comunque ancora crede di avere una chance di realizzare il proprio sogno attraverso il cibo, imparando un mestiere, inserendosi in una nuova comunità, raccontando una storia, la propria, a chi vorrà ascoltarla.
Sono i primi 30 giovani, ragazze e ragazzi, che partecipano al percorso di inclusione sociale, lavorativa e abitativa previsto dal progetto Youth & Food – Il cibo veicolo di inclusione, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Messo a punto da Slow Food, il progetto si svolge nell’arco di tre anni e coinvolgerà in tutto 60 minori stranieri non accompagnati nelle città di Agrigento e Torino, grazie alla collaborazione con Al Kharub cooperativa sociale, Sanitaria Delfino Società Cooperativa Sociale, Coop.Meeting Service Catering, Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali (AMMI), Comune di Torino, Servizio VIII – Centro per l’Impiego di Agrigento, C.P.I.A. di Agrigento.
In questi giorni in cui il nostro sguardo è rivolto al vicino Est, l’avvio delle attività del progetto ci riporta a una realtà che da anni passa sotto i nostri occhi ormai quasi inosservata, quella dei minori che arrivano in Italia non accompagnati, che stando ai dati del 31 dicembre 2021 della Direzione Generale dell’Immigrazione del ministero del Lavoro, sono 12.284, il 73,5% in più rispetto all’anno precedente.
“Il nostro obiettivo è garantire un cibo buono, pulito e giusto per tutti, dove il nostro “per tutti” comprende anche i più fragili, come i cittadini migranti e i minori in particolare. Sono gli ultimi: vittime della bugia della crescita infinita, che nutre ingiustizia sociale, iniquità ed esclusione. Attraverso questo progetto vogliamo delineare una narrazione di aggregazione, riscatto, dignità, a partire da un soggetto potente: il cibo-dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia- Il progetto si divide in più fasi che prevedono un modulo di formazione – dai corsi di italiano alle nozioni sui diritti dei lavoratori, dall’apicoltura alla cucina internazionale – un periodo di stage, la creazione di start up in ambito agricolo e gastronomico e l’indipendenza abitativa.
“Per rendere sostenibile l’inclusione sociale è fondamentale assicurare l’inserimento lavorativo attraverso i tirocini e la nascita di start up grazie alle quali i ragazzi collaboreranno con le realtà del territorio e metteranno alla prova la propria creatività– sottolinea Abderrahmane Amajou, coordinatore della Rete Migranti di Slow Food e referente di Youth & Food. “Si tratta di ragazzi giovanissimi a cui manca l’affetto dei familiari- Ci auguriamo che, proprio grazie alle relazioni che i ragazzi stabiliranno, possano trovare una nuova famiglia sociale che li accolga e li faccia sentire parte di una comunità”.
A Torino, dove sono stati selezionati 16 ragazzi, perlopiù provenienti da Pakistan, Senegal e Maghreb, e una ragazza dalla Somalia, il progetto è partito da poco: In piedi una vera e propria scuola per mediatori gastronomici. “A ogni ragazzo abbiamo chiesto una ricetta del cuore. A partire da queste abbiamo lavorato sull’Italiano: come si scrive una ricetta, quali verbi usare, le unità di misura. Abbiamo coinvolto un cuoco di ciascun Paese che ha preparato i piatti indicati dai giovani e ha insegnato loro a replicarli. È stato un momento molto particolare perché la maggior parte non mangiava il proprio piatto del cuore da quando ha lasciato il paese d’origine-racconta Stefano Di Polito che con la Cooperativa Meeting Service, ha seguito le fasi di avvio del progetto nelle cucine attrezzate per la formazione professionale delle Fonderie Ozanam di Torino- Un vero e proprio corso di cucina internazionale che nasce dall’orgoglio della propria provenienza e dalle emozioni che un cibo può suscitare. E così i ragazzi senegalesi hanno riassaggiato e imparato a cucinare il thiebou dien i pakistani hanno richiesto il biryani, mentre i maghrebini hanno raccontato le varianti del couscous. Stiamo pensando a eventi gastronomici e servizi innovativi, in cui i protagonisti sono gli stessi ragazzi, per garantire la sostenibilità economica delle attività.
Ad Agrigento invece si lavora con le api e il miele. I ragazzi sono 15 e arrivano principalmente dal Benin e dal Mali: “Alcuni hanno già una competenza acquisita nel loro paese, come Rachid che in Benin faceva l’apicoltore e che probabilmente sarà uno dei primi a trovare uno sbocco lavorativo. Nel gruppo c’è anche un ragazzo che presenta disturbi del comportamento a causa dei forti traumi che ha subito in Libia- racconta Carmelo Roccaro della cooperativa Al Kharub che segue Youth & Food ad Agrigento.
I giovani studenti sono molto curiosi, chiedono soprattutto quali prospettive lavorative li aspettano. Stiamo approfittando di questi giorni di Ramadan per far affiatare il gruppo e fargli conoscere la città e il paesaggio intorno: i ragazzi parlano inglese, francese o arabo e per fortuna il nostro mediatore tunisino conosce tutte e tre le lingue.
I ragazzi si presenteranno nelle aziende agricole per i tirocini e l’inserimento lavorativo con una competenza che potranno spendere nel proprio curriculum e saranno accompagnati dagli operatori impegnati nel progetto