La malvasia delle Lipari è nata a Lipari o a Salina? E quando è nata? Quale popolo l’ha portata alle Eolie? La storia del prezioso liquore nel volume “Malvasia delle Lipari, storia dell’antico passito siciliano” che sarà presentato martedì prossimo alle 19 a palazzo Marchetti a Malfa e mercoledì a Lipari.
La malvasia delle Lipari è nata a Lipari o a Salina? E quando è nata? Quale popolo l’ha portata alle Eolie? A tutti questi interrogativi cerca di rispondere il volume “Malvasia delle Lipari, storia dell’antico passito siciliano” edito da Trisform che sarà presentato martedì prossimo alle 19 a palazzo Marchetti a Malfa e mercoledì a Lipari.
Martedì, assieme all’autore, interverranno il regista Rai Gianfranco Anzini, l’etnoantropologo Mario Bolognari, la scrittrice Manna Crespan autrice della ricerca “Dna delle malvasie mediterranee” e Rosario Lentini storico dell’enologia siciliana. A condurre il dibattito sarà il giornalista Emilio Pintaldi.
“Sulla base di una documentazione inedita- anticipa l’autore, lo storico Saija- il libro racconta la vera storia del malvasia eoliano che non è, come hanno sempre sostenuto e continuano a sostenere i produttori, il vino giunto con i Cnidi nel VI secolo a.C. Si tratta, invece, di un vitigno che arriva a Salina alla metà del 1600 con un drappello di veneziani fuggiti da Creta assediata dai Turchi. I veneziani che sbarcarono a Lipari chiesero al vescovo le concessioni enfiteutiche per coltivare terre a Salina, isola ancora semideserta. Così arrivarono le piante di vite coltivate a Creta per tutto il Medio Evo e originariamente importate da da Monenvasia (da cui il nome)”. Saija poi spiega: “A Salina la Malvasia vivacchiò per circa un secolo e mezzo; poi decollò per merito degli inglesi. Le truppe di sua maestà britannica, infatti, la scoprrirono a Messina durante i quindici anni di guerra contro le truppe napoleoniche insediate sull’altra sponda dello Stretto tra il 1800 e il 1815. Da quel momento il vino malvasia delle Lipari venne venduto in tutta Europa e regalò a Salina che fu il luogo prevalente di produzione (solo il 7% si produceva a Stromboli) un Ottocento splendido fino alla distruzione fillosserica che nel 1888 distrusse in 18 mesi quasi tutti i vigneti”. “I vigneti- continua lo storico- furono ricostituiti ma soltanto per il 30% a partire dal 1903, quando Friederich Paulsen della Cantina sperimentale di Milazzo mise a punto il portainnesto adatto per riprendere la coltivazione”.
Massimiliano Croci e Pietro Gazzola hanno dato vita all'azienda Vecchio Consorzio 1953 che trasforma le uve degli altri. Obiettivo: frenare l’emorragia che nei primi vent'anni del Duemila ha portato i colli piacentini a perdere quasi un terzo della superficie vitata