I nuovi divi sono loro: Gli chef
La sfera del nuovo divismo vede i cuochi sempre più protagonisti. E in cucina ?
In quello che possiamo ormai definire lo “spettacolo del cibo”, sempre più presente nei palinsesti di media tradizionali e digitali, un ruolo centrale è di certo assunto proprio dal cuoco, ormai chef star. Dapprima svolgeva la sua attività nel retroscena dei ristoranti: lo spazio dei fornelli era privato, riservato agli addetti ai lavori. Oggi il regno del cuoco va ben oltre il confine della cucina, si è decisamente spostato sulla ribalta mediale. I cuochi appartengono alla sfera del nuovo divismo, sono a pieno titoli tra gli eredi di quella che Alberoni – in un celebre saggio – aveva definito, negli Anni ’60, l’élite senza potere per indicare i personaggi dello spettacolo famosi, amati, ammirati e imitati e che sono oggetto di dibattito collettivo nelle società di massa. Una élite che – spiega lo stesso Alberoni – negli ultimi anni, in realtà, “ha preso il potere su tutti i mezzi di comunicazione di massa. Oggi è lei che plasma ufficialmente l’opinione pubblica e la morale corrente. Non sono più le università, i filosofi, il clero a dare modelli di comportamento”. I nuovi divi “si presentano come modelli da imitare, poi giudicano, danno consigli, lanciano slogan, animano e dirigono i dibattiti. Il tutto poi viene ripreso dai quotidiani, dai settimanali e da internet”. Un ritratto in cui anche i protagonisti dello show del cibo possono sicuramente riconoscersi. Si badi tuttavia a come un’altra caratteristica che contraddistingue il divismo contemporaneo – mettono in luce altri studi – riguardi la possibilità di assumere il ruolo di celebrità anche in assenza di particolari capacità professionali. Si entra a far parte dell’immaginario collettivo, insomma, semplicemente attraverso una massiccia presenza mediatica e lo stesso mondo dei food show è stato colpito da questa tendenza, tanto che abbiamo assistito all’emergere di nuove star della cucina sprovviste di competenze.
La narrazione gastronomica tra l’altro si serve di precise operazioni di marketing,rendendo lo chef un vero e proprio brand. L’attività di brand extension, cioè, la preminenza del marchio sul prodotto, negli schemi di formazione ed esplicitazione delle preferenze individuali, fa sì che lo chef star traini non solo le tendenze alimentari, ma anche la scelta dei palinsesti in cui fermarsi a guardare il racconto del cibo.
Legami talmente stretti da creare pure situazioni di rischio. Quando, infatti, i cuochi-divi sponsorizzano le attività economiche di cui sono proprietari o marche di settori affini al mondo della cucina e della ristorazione, la relazione che si instaura tra la celebrità e la marca non è per nulla scontata. Una ricerca condotta sul legame di reciprocità tra lo chef star e la marca sponsorizzata ha evidenziato come il comportamento eticamente scorretto dell’azienda danneggiasse l’immagine e la popolarità della celebrità, tanto da offuscare la reale responsabilità dell’impresa.
A margine di questi meccanismi, resta un dubbio assai concreto. Quanto tempo resta a disposizione degli chef star per occuparsi realmente dei loro ristoranti, per cucinare per i clienti? Ne sa qualcosa chi, parallelamente all’aumento degli indici di gradimento televisivo, ha visto togliere una stella Michelin al proprio locale…