Messina: il rusti e mancia ha vinto
Neomelodici del pensiero politico non distinguono i luoghi dai sughi.
Non la Madonnina ma una griglia. Piena di arrosto. Il fumo ha preso il posto del Maestrale, la città ai suoi simboli. È la cultura del “rusti e mancia”. Improvvisare come affumicare, allestire senza progettare, scorazzare invece di procedere. La bellezza è negli occhi di chi guarda. E hanno vinto loro: i neomelodici del pensiero politico. Non distinguono più una tendopoli da un teatro tenda, un mercatino di Natale da un cumulo di baracche, Piazza Cairoli da Guantanamo, le luci dalle amate braci, l’arte dalle salsicce, i luoghi dai sughi, il Palacultura dallo stadio olimpico. Li sentite con loro italiano delave’ parlare di cultura, turismo, città metropolitana. Ma oltre che nel lessico inciampano nelle azioni. Nelle aiuole luride, nelle strade abbandonate, nei luoghi trascurati, nelle bellezze negate. Non ci arrivano. Come un bimbo al bancone di un bar non riescono a vedere. Manco alzati in piedi. Il problema non è scegliere da una sonata di Corelli e un “Senz’e te ammore mio”, tra una rustuta di taione ed un Beluga affumicato. Siamo oltre. Indietro assai: nella scuola devastata, nella meritocrazia negata, negli ideali ridotti a cimeli. Sognavamo una musica nuova, un canone inverso magari, ma per dirvela con Tony Colombo: Iamme’, Iamme’ va.