Umani e algoritmi: la narrazione del cinema nell’era dell’Intelligenza Artificiale

In un tempo non lontano, l’immaginario cinematografico sembrava appartenere esclusivamente alla creatività umana: registi, attori, sceneggiatori e tecnici costruivano narrazioni attraverso una fitta rete di competenze e sensibilità, figlie della nostra storia culturale. Oggi, però, ci troviamo davanti a una svolta epocale.
L’intelligenza artificiale, un tempo confinata al genere fantascientifico, è entrata nella produzione cinematografica reale, trasformandosi da soggetto narrativo a strumento creativo.
L’annuncio dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che ha stabilito ufficialmente che “i film realizzati con l’aiuto dell’intelligenza artificiale potranno vincere l’Oscar”, rappresenta una svolta non solo per l’industria cinematografica, ma anche per il nostro modo di intendere la creatività, il lavoro culturale e l’autorialità.
Questo cambiamento non è un semplice aggiornamento di regolamento. È una soglia simbolica, che riflette una trasformazione più profonda della società contemporanea: l’integrazione dell’IA nella cultura di massa.
Il 2025 segna un punto di svolta. La notizia, pubblicata da La Repubblica, chiarisce che l’Academy, nel nuovo regolamento, ha dichiarato che “l’uso dell’IA e di altri strumenti digitali ‘non aumenta né diminuisce le possibilità di ottenere una nomination’”. Questo principio introduce un’idea cruciale: la tecnologia non viene più vista come un elemento di alterazione o contaminazione della creatività, ma come una risorsa neutra, al pari di una cinepresa o di un software di montaggio.
Il punto di partenza di questa riflessione è la crescente normalizzazione dell’IA nei processi creativi. Come riportato nell’articolo, “l’IA generativa, che può creare testo, immagini, audio e video in risposta a semplici prompt di testo, ha già contribuito alla produzione di alcuni dei film che hanno ricevuto un Oscar a marzo scorso”. Non si tratta dunque di un’ipotesi futuribile, ma di una realtà già in atto, che ha toccato direttamente la cerimonia più simbolica dell’industria cinematografica.
Uno degli esempi più significativi è rappresentato dal film The Brutalist, per il quale Adrian Brody ha ricevuto l’Oscar come Miglior Attore. Come racconta La Repubblica, “il film ha utilizzato l’IA generativa per migliorare l’accento dell’attore quando parlava ungherese”. Si tratta di un utilizzo mirato e “invisibile” dell’IA, che affina l’esperienza dell’interpretazione senza sostituire l’attore. In un altro caso, quello del musical Emilia Perez, premiato anch’esso, si segnala che “una tecnologia di clonazione vocale simile era stata utilizzata per migliorare le voci”.
Questi eventi indicano un progressivo slittamento del confine tra umano e artificiale nella produzione culturale. Non si parla più di IA come sostituto dell’essere umano, ma come suo alleato, uno strumento capace di rafforzare la performance artistica, amplificare le sfumature linguistiche, correggere i limiti vocali. È un processo di ibridazione che interroga le nostre concezioni tradizionali di talento, autenticità e merito.
Inoltre, il fatto che l’Academy abbia scelto di agire “anche su suggerimento del Consiglio per la Scienza e la Tecnologia” ci rivela un ulteriore elemento significativo: il cinema viene ora riconosciuto come un crocevia in cui scienza e cultura si incontrano. Questo riconoscimento è indice di una nuova sensibilità culturale, nella quale l’arte e la tecnologia non sono più separate ma interconnesse, rispecchiando una società sempre più digitale, automatizzata e interattiva.
Il nuovo regolamento prevede inoltre che “i membri dell’Academy devono ora guardare tutti i film nominati in ciascuna categoria per poter partecipare alla votazione finale”. Questo dettaglio, apparentemente tecnico, suggerisce un’altra direzione importante: quella della responsabilizzazione degli elettori, chiamati a giudicare l’opera nella sua interezza, al di là dei pregiudizi verso le tecnologie impiegate. È un segnale di apertura culturale, ma anche un invito a confrontarsi criticamente con il cambiamento in atto.
La decisione dell’Academy non riguarda soltanto la premiazione di un film, ma segna l’adesione ufficiale di una delle istituzioni culturali più influenti del mondo a una nuova visione dell’arte. È la consacrazione del fatto che la creatività non è un dominio esclusivo dell’umano, ma una pratica condivisa, che può essere estesa, trasformata, potenziata grazie all’intelligenza artificiale.
Di fatto, questa trasformazione porta con sé anche domande complesse. Come cambierà la formazione degli attori e dei registi, ora che parte della performance può essere co-creata da un algoritmo? Quali rischi esistono nel dare sempre più spazio a strumenti che, per quanto potenti, restano privi di coscienza, sensibilità, etica? In che modo il pubblico interpreterà queste opere, sapendo che dietro alcune voci, volti o movimenti non c’è solo l’essere umano, ma anche una macchina?
L’arte, da sempre, riflette l’epoca in cui nasce. E se il nostro tempo è quello della convergenza tra uomo e intelligenza artificiale, allora anche il cinema non può sottrarsi a questa metamorfosi.
La sfida sarà quella di mantenere viva la dimensione umana della narrazione, di continuare a raccontare storie che ci parlano, ci emozionano, ci mettono in discussione. Anche quando le parole che ascoltiamo, o le immagini che vediamo, sono il frutto di una collaborazione tra uomo e algoritmo.
In questo scenario in continuo mutamento, credo che ogni rivoluzione tecnologica possa diventare un’opportunità per ridefinire le nostre relazioni, i nostri valori, i nostri linguaggi. Se usata con consapevolezza, l’intelligenza artificiale può diventare non un nemico dell’arte, ma una sua alleata, un ponte verso nuove forme espressive, nuove sensibilità, nuove possibilità di inclusione.
Il futuro del cinema non sarà meno umano. Piuttosto, sarà “diversamente umano” ovvero diverrà il frutto di una nuova alleanza tra ciò che siamo e ciò che possiamo diventare. Non ci resta che attendere i risvolti, osservando come questa evoluzione continuerà a ridisegnare il confine tra creatività, tecnica e identità.