La nuova famiglia è digital. Giovanissimi in massa sui social. L’ accusa agli adulti: “Non ci capite”. In famiglia è sconnessione affettiva.
E’ conflitto tra adulti e le generazioni Z ed Alpha. I legami familiari sostituiti dai telefonini. Cresce il divario con i genitori “Boomer” ai quali ci si rivolge solo in casi di problemi. Una emergenza educativa acuita dal “surriscaldamento affettivo” di padri e madri che vivono l’incapacità del contatto con i figli.
I preadolescenti e gli adolescenti trascorrono buona parte delle loro giornate sui social media. Vivere online significa interagire con altri utenti e cercare di comunicare agli altri sé stessi.
La continua connessione genera diverse conseguenze. In particolare, i legami famigliari hanno assunto caratteristiche diverse e genitori e figli non si guardano più negli occhi. Il ruolo e i compiti della famiglia non sono più gli stessi di un tempo.
Adesso, si parla tanto di “famiglia digitale”, proprio per l’importanza che i social network e gli smartphone hanno assunto nella quotidianità.
Una ricerca condotta dall’Istituto Demopolis e dall’impresa sociale “Con i Bambini” su un campione di 1.080 adolescenti tra i 14 e 17 anni mostra alcuni elementi rilevanti e in particolare il rapporto tra gli adolescenti e gli adulti. Il sondaggio è stato realizzato con modalità cawi dal 9 al 30 maggio 2023. Coordinamento dell’indagine a cura del direttore di Demopolis Pietro Vento, con la collaborazione di Giusy Montalbano e Maria Sabrina Titone.
Il portale Tgcom24.mediaset.it ha riportato alcune percentuali che meritano di essere attenzionate.
“Tra gli under 18 oltre la metà (54%) ritiene che gli adulti li riescano a comprendere sempre di meno”. Le Generazioni Z e Alpha sottolineano il divario con il mondo degli adulti e sono convinti che gli adulti non diano peso a quello che pensano i più piccoli: “a dirlo è il 46%”.
Inoltre, secondo gli intervistati, i “boomer” non si rendono contro del legame tra i ragazzi e i social network: “il 41% colpevolizza gli adulti per questo”. E ancora risulta “molto quotata – indicata da circa 1 su 3 – anche l’accusa di non capire desideri, passioni, priorità, sentimenti e timori delle nuove generazioni”.
Il dialogo in famiglia appare complesso per tre motivazioni. “I genitori non si mettono mai in discussione e credono di avere sempre ragione (38 per cento). Quasi alla pari (37 per cento) c’è l’abitudine di tirare fuori la fatidica frase “ai miei tempi” e dell’utilizzo dei voti scolastici come indice universale di soddisfazione: se ne lamenta il (33 per cento)”. Inoltre, solo “il 40 per cento dei ragazzi dice di condividere con una certa frequenza le proprie idee e i propri pensieri con i genitori”. Mentre, “il 79 per cento preferisce farlo con amici e coetanei”. I genitori diventano un punto di riferimento se si presenta un problema: “in questo caso il 43 per cento sceglie loro per parlarne”.
Il Professore Pier Cesare Rivoltella ha spiegato che la famiglia è segnata da due fenomeni di grande rilevanza la Democratizzazione delle relazioni e l’esplosione della comunicazione. Nella logica della famiglia digitale, scrive Rivoltella, ci sono almeno tre fragilità legate a tre parole chiave: Tempo, Spazio e Relazione.
E ha aggiunto le possibili ipotesi di intervento: “evitare il surriscaldamento affettivo. Essere troppo teneri, protettivi, remissivi, colloquiali non paga; evitare l’effetto-tenaglia. Non paga nemmeno costringere all’angolo, stressare, ripetere fino alla nausea raccomandazioni e divieti che poi magari non si ha la forza di far rispettare ;conoscere i linguaggi e le culture; promuovere una pedagogia del contratto. Una pedagogia del contratto non è sintomo di una resa, ma una strategia dialogica che consente al genitore di riaffermare il suo diritto all’asimmetria educativa, ma allo stesso tempo di promuovere la responsabilità dei figli attraverso il dialogo”.
Le mie analisi confermano i dati della ricerca condotta dall’Istituto Demopolis e anche quanto sostiene il Professore Rivoltella.
Molti genitori mi chiedono come fare a comunicare con i propri figli, sempre chiusi nelle loro stanzette. L’assenza di dialogo non permette ai genitori di capire quali sono i problemi dei figli.
Allora, serve ristabilire il patto educativo tra tutti gli attori della società e non lasciare da soli i ragazzi. Gli adulti devono prepararsi e formarsi per entrare in contatto con i giovani e non possono continuare a vivere da “adultescenti”. Il punto da cui partire è l’acquisizione di nuove conoscenze e consapevolezze per riuscire a supportare le nuove generazioni. Non basta lottare contro le emergenze, ma è fondamentale comprendere le nuove esigenze educative.
Mi piace ricordare le parole di Papa Francesco, in occasione della XXXVIII Giornata mondiale della Gioventù perché, rivolto ai giovani, ha ricordato il film di Roberto Benigni La vita è bella: “Mi viene in mente il protagonista del film La vita è bella, un giovane padre che, con delicatezza e fantasia, riesce a trasformare la dura realtà in una specie di avventura e di gioco, e così regala al figlio ‘occhi di speranza”, proteggendo e salvaguardando la sua innocenza e impedendo che la malvagità umana gli rubi il futuro”. Un messaggio di speranza bellissimo in cui la dura realtà diventa un’avventura e un gioco.
Ci serve la speranza che il Pontefice tenta di trasmetterci in ogni circostanza e in ogni evento, ma soprattutto occorre riscoprire valori e sentimenti per convertire tutte le difficoltà in opportunità.